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Visualizzazione dei post da maggio, 2018

Di Pietra e di Fango

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Partire è un po' morire,  si dice. E la Porte di Pietra era, è, innanzitutto questo: un viaggio, un lungo anello in luoghi tanto dietro l'angolo quanto sperduti e selvaggi e, soprattutto, dentro sé stessi. E d'altronde non ci si potrebbe aspettare niente di meno da un pioniere italiano del trail running come questa gara. E' ultra trail delle origini, una corsa dura ma senza la ricerca (ora forse troppo di moda) dell'estremo: 71 chilometri di sentieri a tratti docili e a tratti cattivi, selvaggi e, soprattutto, in autosufficienza alimentare. Ovvero niente cibo e ringrazia se trovi dell'acqua, che la natura non è un ristorante con pasta, minestra e crostatine. Insomma, non una gara qualsiasi. Così, la curiosità, la voglia di alzare l'asticella e la ricerca di un'esperienza nuova più che di una gara a perdifiato hanno avuto la meglio sulle incertezze sulla preparazione, sui piccoli ma ricorrenti infortuni e passi indietro degli ultimi mesi e anche

Il primo amore non si scorda mai

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Maggio, è arrivata la primavera. Finalmente. Lontano è l'inverno, lontani i giorni di marzo freddi e piovosi, lontane le pietre ed i “muur” del Belgio, campo di tante battaglie ad aprile. E' già tempo di gelati e di azzardati, freddi ma liberatori tuffi in mare, è già tempo di Giro d'Italia. Sarò onesto: da fervente appassionato (oserei dire “credente”) sono convinto che per comprendere davvero cos'è il ciclismo non ci si possa fermare agli spesso noiosi pomeriggi di Giro e Tour. Quando Nibali ha vinto, con un mezzo capolavoro, una altrimenti noiosissima Milano-Sanremo è stato un fiorire di elogi al suo coraggio contro “un ciclismo sempre più computerizzato”. Niente di più superficiale. Intanto perché per ogni maniacale seguace del misuratore di potenza ci saranno sempre un Nibali che scatta sul Poggio od un Contador che attacca a 60km dal traguardo. Ma soprattutto, perché il ciclismo si respira nelle classiche, non (solo) nei Grandi Giri. Perché lo spiri