Lettera ad un tacchino





7 Dicembre 2017

Caro amico,
Natale è alle porte. Come ogni anno con il ponte dell'Immacolata casa Canessa inizia a riempirsi di addobbi, mia madre può finalmente mettere qualche improbabile e straziante canzone di Natale e mio padre inizia a montare il presepe mentre noi decoriamo l'albero. Ora che sono figlio unico la casa inizia ad essere un po' vuota: nemmeno Gatto sembra più interessato alle palline di Natale ed è sparito a dormire sotto qualche coperta.
Così ti penso, ascolto qualche canzone triste e mi manchi un po'. E' il terzo Natale che passo senza di te, e mi chiedo se torneremo mai insieme.
Devo confessartelo, anche a distanza di tutto questo tempo mi chiedo ancora cosa sia successo tra di noi, cosa si sia rotto nel nostro rapporto. Stavo così bene con te e quando penso a tutti i bei momenti passati insieme ai tuoi amici mi chiedo ancora: “Perché? Perché ho dovuto rovinare tutto?”.
Non te l'ho mai detto, ma è stata dura. Quando tra noi è finita mi hai lasciato un vuoto dentro. Ti ho sognato spesso, ha fatto male. Certo, il senso di ribellione e la voglia di sentirsi liberi hanno alleviato la tua mancanza, ma non è mai stato lo stesso.
Doveva essere solo una pausa di riflessione, un esperimento per vedere com'era la vita l'uno senza l'altro. Eppure eccoci qui: sono passati già tre anni e sembrano secoli. Quante cose sono cambiate in questo tempo!
Tofu, Tempeh, Seitan... ho conosciuto altre donne ma non ho mai cercato di sostituirti. Non si può vivere troppo ancorati al passato, bisogna saper andare avanti e per farlo mi è sembrato meglio cercare nuove esperienze, anche più estreme, ed allargare i miei orizzonti. Provare a sostituirti avrebbe significato rimanere troppo legato al tuo ricordo. Come potevo dimenticarti rimorchiando dei burger bio al supermercato in tangenziale?
Ma soprattutto, quante avventure passate in questi anni! Non avrei mai pensato di poterle vivere senza di te. Mi hanno raccontato così tante volte la favola della carne per gli atleti eppure guarda, da quando ci siamo lasciati ho corso, pedalato e camminato per tanti km e in tanti bellissimi posti (a parte questo spiacevole inconveniente del cinghiale) e sono ancora vivo e vegeto a raccontartelo. E con tanto di esami vari a testimoniare la mia salute.

Ormai la gente si è abituata alla mia situazione sentimentale-alimentare. Non mi chiede quasi più nessuno cosa sia successo tra noi e anche se l'abitudine aiuta ad andare avanti mi dispiace un po', perché penso sia sempre importante ricordare i motivi delle proprie scelte, anche di quelle scomode. Devo ancora delle motivazioni anche a te, lo so. Lasciarti così, senza preavviso: che crudeltà. Ma volevo solo cercare di essere una persona migliore. So che è una scusa brutta, ma l'ho fatto per te, lo giuro. L'ho fatto per non farti soffrire. Perché per quanto amassi mordere le tue cosce ho capito che meritavi di più, e che non era giusto che tu dovessi sacrificarti per il mio semplice piacere. Amare significa saper lasciare andare, a volte. E anche se sei un po' buffo con i tuoi bargigli rossi ed i tuoi glo glo glo, la tua testa spelacchiata mi piacerà sempre vederla attaccata al collo più che nella vetrina di un macellaio dallo scarso gusto estetico.

Devo poi confessarti, mio caro, che la nostra relazione carnale iniziava a costarmi un po' troppo. Darti da mangiare mi costava troppa acqua e troppa energia, per non parlare di tutti i tuoi bisognini da smaltire, che iniziavano a rendere l'aria irrespirabile e l'acqua imbevibile. E anche se so che non salverò il pianeta solo per aver deciso di averti più a cena beh, bisognerà pur iniziare da qualche parte.
Se fossi una persona migliore forse avrei rinunciato anche alle uova, invece di illudermi che prendendo quelle bio vi sia almeno una parvenza di rispetto verso le tue amiche galline; avrei rinunciato al latte invece di illudermi che le mucche devono comunque produrlo e che non vengono uccise per questo; non mangerei la mozzarella di bufala, sapendo cosa succede ai bufali maschi in Campania; non berrei molte birre, sapendo che viene usata la colla di pesce per chiarificarle. Ma c'è un limite sociale, nutrizionale e si, anche di puro gusto, che non posso superare. Forse è questo che mi rende ancora una persona razionale ed equilibrata, ma non posso che vergognarmene un po'.
Franco, mi vergogno del pane che mangio. E' un mondo ingiusto, lo so. Quando tu sarai più grande e io più buono lo cambieremo insieme, per ora perdonami, non ho da darti che una parola vecchia (Don Lorenzo Milani). In un mondo migliore forse essere vegetariano non sarebbe una sorta di estremismo, in un mondo migliore forse non ci sarebbe nemmeno bisogno di esserlo.

Caro amico tacchino, probabilmente qualcuno ti ha già mangiato al posto mio. C'est la vie. Ma a me piace pensarti libero a correre in un prato, come se l'averti lasciato potesse aver fatto effettivamente la differenza. A volte mi manchi, ormai mi sembra chiaro. Ma a Natale, quando invece di un tuo parente in tavola avrò le lasagne al pesto (perché, esser vegetariani significa mangiare insalata scondita?!) il mio stomaco sarà altrettanto felice, ma io lo sarò molto di più immaginandoti libero o, perlomeno, ancora vivo.

Forse un giorno ci rincontreremo, e abbandonerò questa battaglia. Forse lo farò perché avrò amato altri più di te, al punto di rinunciare ai miei capricci, forse lo farò per pura debolezza. Spero solo sarà una scelta libera e tranquilla, come quella che vivo ogni giorno per amor verso di te.

Buon Natale, amico mio.

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