La Rigantoca: storia di un weekend a pois


E' il rito di iniziazione per ogni vero escursionista genovese. E' un viaggio contromano e contro il tempo, dal mare ai monti e dalla notte al giorno. E' la Rigantoca, la marcia (non competitiva) che dal RIGhi porta all'ANTOla e termina a CAprile, sperduto paesino sopra Torriglia. 42 km che ti portano lontano, lontanissimo, fuori dal mondo.
Non è una manifestazione storica (è nata solamente nel 2000) ma l'idea di raggiungere l'Antola, la montagna simbolo dell'escursionismo genovese, direttamente da Genova ha immediatamente fatto breccia nel cuore di centinaia di persone. E nel mio, ovviamente!
Così dopo qualche anno di tira e molla ho rotto gli indugi ed ho cerchiato l'11 Giugno in rosso: immancabile, a qualsiasi costo.


Considerazioni pre-iscrizione e partenza:
La Rigantoca è un sogno, un simbolo. Uno spettacolo l'idea di andare sull'Antola partendo praticamente da casa (cosa che volevo far sul serio). E' il battesimo di ogni vero genovese, deve essere mia.
42 km sono una maratona, sembrano tantissimi. Ma non lo sono. Bisogna saper camminare, si. Ma non è una gara, la fa un sacco di gente di tutte le età che sicuramente non si può definire sportiva. 14 ore il tempo massimo, poco più di mezza giornata in fondo. Poi i primi 20km hanno poco dislivello, l'Antola è una salita lunga ma dolce. Una lunga passeggiata, insomma.
Partire di notte, che spettacolo! Adoro camminare di notte. Trasmette una pace ed una tranquillità uniche, e d'estate si sta benissimo, molto meglio che di giorno sotto il sole.

Problema n.1: arrivo a giugno con più di un mese di stop per un'infiammazione impertinente.
Problema n.2: sabato 10 c'è la Fiera della Maddalena. Che significa dalle 15 a mezzanotte in giro per il centro storico, con tanto di concerto in piazza serale bello trash.

Conclusione/Soluzione:
Ore 01.15 di Domenica 11 Giugno. Arrivo a casa. L'ho fatta fuori dal vaso, ogni idea di rientrare presto è allegramente saltata.E son contento così, tutto sommato. In fondo al Tor des Geants il sonno sarà un lusso, ed è il momento di testare un po' i propri limiti. Provo a dormire un'oretta senza grande successo, poi in piedi che se perdo il bus come ci vado alla partenza?!
Ore 4.30 tutto pronto, si parte! Nella notte, come piace a me.

Prima scoperta: alle 5 c'è già luce. Deludente, altro che notte.
Seconda scoperta: cambia completamente la cognizione del tempo svegliarsi così presto. Il tempo passa lentamente e tutti dormono ancora. Il telefono da i primi segni di vita solo quando son quasi a metà percorso.
Avosso: mi calco il berretto a pois in testa. Qui inizia la seconda parte della Rigantoca, ora lasciamo fare agli scalatori. 17 chilometri per arrivare in cima all'Antola. Salita lunga, parte dura per spaventarti, poi diventa molto dolce. Troppo, invita persino a correre ogni tanto, nonostante mi fossi promesso prudenza. Certo che è lunga questa salita. A metà si transita da Crosi, paesino in cui vive il Capra, personaggio incredibile ed indescrivibile. Conosco il posto, la gamba sta bene e partono i trip mentali con tanto di telecronisti e folla di tifosi a bordostrada.
L'entusiasmo dura poco però. Km 30, noto un fastidio al ginocchio sinistro. Imprecazione mentale ed invito a non fasciarsi la testa prima di essersela rotta. Ma bastano poche centinaia di metri e appena sale il sentiero eccola che esplode. La bandelletta ileotibiale, una vecchia nemica, è in fiamme. Black-out.
Una targa commemorativa in cima all'Antola

Gli ultimi 12km con la luce spenta. Scatto di orgoglio in cima all'Antola, poi la discesa è un'agonia. Arrivo a Caprile dopo 7 ore e mezza dala partenza.

Non è la cosa più bella da dire, ma voglio solo fare una doccia e andarmene. Mangio del formaggio e dei canestrelli controvoglia (il menù tende al carnivoro).
La giornata è ancora lunga, così vado a cercare distrazioni alla festa del mio gruppo scout, già che son di strada. Vedo facce stravolte dalla combo festa della Maddalena+mattinata sotto il sole, me la rido e provo a cogliere il lato positivo, a parte questo coltello piantato nel ginocchio sto bene, non ho le gambe indolenzite, non ho nemmeno sentito il bisogno di un caffè per guidare. Perdo tempo, ma almeno sono in compagnia. Tornare a casa significa uscire da questa bolla che mi sta proteggendo.
Torno a casa per le 18. E' stato un bel weekend intenso ma non sono stanco. Sarà l'adrenalina: anche se non era nemmeno una gara avevo piuttosto idealizzato questa nottata.

Superati i primi momenti di disperazione per il ginocchio, mi stendo sul letto e guardo il soffitto.
Provo a tirare le somme di questa Rigantoca (più annessi e connessi):
  • E' una bella manifestazione, c'erano più di 200 persone a farla e l'organizzazione è stata buona, pur trasmettendo un clima piuttosto familiare. Ottimo il formaggio al ristoro di Piani, davvero ottimo.
  • Ho provato a prendermela senza fretta, ma non ci sono riuscito. E ne ho pagato le conseguenze (anche se quello tenuto era ben più basso del mio ritmo gara su distanze simili). La distanza era collaudata, ma ho pagato a caro prezzo lo stop di maggio.
  • Il percorso è bello anche se sembra decisamente più lungo di quanto non sia in realtà, e meriterebbe ormai una sua segnaletica come altre “vie” o gare. Il che mi fa riflettere sulla scarsa capacità di saper vendere il patrimonio escursionistico che hanno Genova e la Liguria.
  • Mi trovo al solito punto. Non ho faticato particolarmente, non sono arrivato distrutto, sono estremamente contento di come ho reagito alle “fatiche” del weekend, ma la riesplosione della bandelletta è l'ennesima conferma di alcune debolezze strutturali che mi perseguitano, e mi impediscono di esprimermi come vorrei. Sembra di essere daccapo, dopo un inizio stagione molto promettente. E questo pende come una spada di Damocle sulle mie speranze per settembre.
  • Fare i sacrifici per allenarsi è dura, anche se aiuta a sentirsi “atleti” . Per una volta invece niente “a letto presto”, ho semplicemente infilato la Rigantoca in mezzo ai miei impegni. E' stato bello ed incredibilmente facile, e forse mi ha aiutato a condividere almeno in parte questa avventura con chi avevo intorno. Ho ricevuto qualche domanda in più e qualche “sei pazzo” in meno, e penso sia già un ottimo risultato.

Tutto sommato è stato divertente più il contesto che la marcia in sé. Per godermela davvero, quella, mi toccherà tornare l'anno prossimo. E pioverà sicuramente.






Commenti

Post popolari in questo blog

Contro la corsa a digiuno

Non solo chilometri: allenare l'intestino

Via del Sale atto II: il racconto e le immagini