La solitudine del fondista (o sul perché andiamo in montagna)
Inizierò con una frase fatta, per
levarmi il problema di trovare un incipit: “anche quest'anno siam
già a Natale, sembra ieri che...”
Sembra ieri che eravamo in maniche corte. Beh praticamente lo era, visto che è stato uno degli autunni più caldi della storia. Sembra ieri che eravamo chiusi in casa, ma basta qualche lieve miglioramento nei dati relativi al covid-19 che già pensiamo al liberi tutti. E com'era ovvio, giunto finalmente il freddo arriva la grande smania di andare in montagna. Anzi, mi correggo: di andare a sciare.
Non son mai stato un grande amante
della neve, perché soffro il freddo e perché son sempre stato
l'unico a non saper sciare tra i miei amici. Sono cresciuto facendo
sci di fondo, quello ho imparato (più o meno) e quello ho difeso a
spada tratta negli anni, per orgoglio o per paura di dover imparare
qualcosa di nuovo.
Eppure quest'anno non vedo davvero
l'ora di poter andare in montagna. Perché ho finalmente ripreso in
mano gli sci da fondo, ho sdoganato in piccola parte lo sci di
discesa (ma che fatica, soprattutto per chi mi sopporta) e ho
imparato ad amare la montagna non solo d'estate. E che figata
correre coi ramponcini.
Nonostante questo, trovo angosciante il dibattito che si è acceso in questi giorni sulle riaperture. Aprire o non aprire le regioni a Natale è una scelta delicata, lo capisco. Ma non è questo il punto. Il problema è che ancora una volta tutto gira intorno allo sci di discesa. Tutto in dibattito è ridotto all'aprire o meno gli impianti. E mi fa arrabbiare, molto.
1- Perché non ritengo che siano una realtà che meriti un trattamento privilegiato rispetto a teatri, scuole, palestre. Anzi. Chi apre squarci nelle montagne per qualcosa che inquina e consuma milioni di milioni di metri cubi di acqua non può continuare ad essere finanziato con soldi pubblici (senza minimamente sottostare ad alcun rischio d'impresa) e, sarò secco, non può avere la mia pietà.
2- Perché andare a sciare non è
sinonimo di andare in montagna d'inverno: ne è, a voler essere
generosi, un sottoinsieme.
Ho finalmente riscoperto il piacere dei
mesi freddi e della neve, eppure mi sento solo come quando da piccolo
dovevo inseguire imprecando mio fratello o mio padre su qualche
pista rigorosamente piena di salite.
Sono stufo di dovermi giustificare, di
dover specificare che so sciare “..ma sci di fondo” assumendo che
quello normale sia un altro. Sono fiero di andare in montagna perché
mi piace fare fatica, perché voglio sentire i polmoni bruciare
mentre aspirano disperatamente aria gelata. Sono felice quando sono
solo immerso nel silenzio di una pista nel bosco e gli unici che rischio di investire sono
dei camosci. Sono orgoglioso di far parte di questa nicchia, questo
baluardo contro la montagna facile. Sono anche contento di aver
imparato (o provato a farlo) lo sci alpino, perché sarebbe ottuso
negargli ogni valore ed ogni divertimento.
Le piste ci sono e vanno accettate. Ma
sono un affare in perdita, un settore in cui sarebbe accanimento
terapeutico investire e di cui bisognerebbe riconoscere i crimini,
non solo i (presunti) meriti economici. Semplicemente bisognerà
accettare che non si potrà più sciare sotto una certa quota (senza
ovviamente voler andare a costruire impianti più in alto, Dio mio!)
e chi non è in grado di concepire altri modelli di turismo non può
essere sostenuto con i soldi pubblici, ma è destinato ad
estinguersi.
Tutta questa situazione potrebbe essere la nostra grande occasione per capire che esiste un mondo oltre gli impianti, ed invece di impuntarsi su quante persone potranno stare in una cabinovia ci si potrebbe interrogare su cosa offrire a quelle che non la potranno prendere. Non credo che sapremo cogliere questa occasione, viste le premesse, ma i cambiamenti climatici sono oramai inarrestabili, per cui prima o poi dovremo fare i conti con la realtà.
Per quanto mi riguarda, cambiamento di vedute o meno, non credo troverò mai le folle sulle piste. E sto bene così, a godermi il silenzio del bosco interrotto da qualche solita imprecazione; cullandomi, finché questo sport non sarà scomparso, nella rassicurante solitudine del fondista.
Gli sci veri sono quelli stretti, gli attacchi autentici non bloccano il tallone e i bastoncini devono arrivare per lo meno alle ascelle!
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