La mia balena bianca: ego & sport
Novembre, tempo di riposo
(forzato nel mio caso, tanto per cambiare) e di buoni propositi. Il
ponte dei Morti è il momento in cui, dopo approfonditi e svogliati
studi preliminari, mi siedo davanti al mio nuovo quaderno di Tiger e
butto giù i più o meno improbabili obiettivi per la prossima
stagione. Ho un paio di fogli excel con tabelle e piano annuale, ma
le cose mi piace scriverle a mano, su carta. E poi quel quaderno
“sky-sun-mud” mi ha attirato, sembrava fatto apposta per me.
Infido mese, novembre è
fame e nausea. E' voglia di velocità, di gare troppo lontane, di
primavera. E' apatia verso corse attese per mesi e che ora sembrano
solo un ricordo lontano, col buio che avanza tagliando i pomeriggi e
la voglia di allenarsi.
Sfogliando l'ennesimo
libro sull'allenamento (ma ormai posso spacciarle come “spese per
l'Uni”) mi imbatto in un paragrafo interessante: Selfish Runner's
Syndrome (La sindrome del runner egoista).
In questo periodo di
stacco ripenso alle settimane “da eremita” in Val d'Aosta a
preparare il Tor, rivivo (QUI) ciò che mi spinge a correre, vedo
sui social qualche PummarolaPro in vacanza alle canarie e provo a
fare un passo indietro.
Sto accarezzando l'idea
di correre una maratona, nel 2018. Non amo il bitume, ma sarebbe
un'occasione per lavorare sui miei limiti (mi considero un buon camminatore
ma un mediocre corridore) e più ci rifletto più mi affascina l'idea
dell'allenamento metodico che richiede una maratona, oltre ovviamente
al fascino che ha questa prova nell'immaginario collettivo.
Allenarsi è bello.
Seguire un programma, perseguire un obiettivo, ti fa sentire
realizzato. Andare in bici, correre lontano, tra i monti o tra i
caruggi è poesia pura. Mi viene la pelle d'oca se penso quanto amo
tutto questo, ma in questo
momento penso più ad una poesia di T.S. Eliot:
We are the hollow men
We are the stuffed men
Leaning together
Headpiece filled with straw. Alas!
Siamo gli uomini vuoti
Siamo gli uomini impagliati
Che appoggiano l'un l'altro
La testa piena di paglia. Ahimè!
La
corsa (ma vale per tanti altri sport) è un'attività intrinsecamente
egoista. Per competere ad alti livelli deve venire prima di tutto,
ma anche a livelli più bassi bilanciare la corsa con gli altri
impegni della vita è un'arte molto difficile.
Facciamo
un gioco:
disegna su un
foglio un cerchio ed assegna ai vari ambiti della tua vita (famiglia
ed amici, lavoro/studio, alimentazione & controllo del corpo,
altro ed infine, ovviamente, lo sport) uno spicchio tanto più grande
quanto più tempo quell'ambito occupa nella tua vita. Non pensare
solo al tempo che fisicamente passi a lavoro o, diciamo, a correre,
ma anche a quanto tempo mentale ti prende: quanto pensi alle tue gare
quando sei in ufficio? Quanto pensi all'allenamento da fare mentre
guardi la tv? Quanto importanti sono per te i vari ambiti?
(alimentazione
e controllo del corpo/del peso sembrano fuori luogo, ma vi assicuro
che non è così).
Dovrebbe
uscirti un bel grafico a torta e forse ci sarà una bella fetta
dedicata allo sport, ad un hobby e magari all'alimentazione. Di
fatto, quello è tutto tempo per te stesso. Se ti infortuni, ad
esempio, rimane un bel vuoto. Dentro il grafico e, soprattutto,
dentro di te.
Lo
sport è bello, ma può essere terribilmente alienante. Quando sono
tornato dalla Val d'Aosta per una settimana non ho pensato ad altro.
Nonostante gli sforzi di tenersi impegnato, anche in compagnia, anche
con decine di persone intorno io non ero lì. Non avevo nemmeno
bisogno di chiudere gli occhi per ritrovarmi mentalmente ancora lassù
su qualche monte. Mal di Tor, lo chiamano, pensate se fossi arrivato
in fondo.. Io preferisco “disturbo post-traumatico da sport”.
Anzi,
andando più in profondità nel mio outing dirò che è da quando
sono stato sorteggiato che in fondo (ma nemmeno troppo) alla mia
mente c'è sempre stato il Tor. Era lì quando ero indeciso se
prendere una seconda birra, lì quando prendevo le scale invece
dell'ascensore, lì quando pensavo se uscire il venerdì sera. Lo
sport è una dipendenza, e non necessariamente una dipendenza sana.
La corsa è gioia se aggiunge qualcosa alla vita, non se la leva.
Lo
sport è parte integrante di me, sarò onesto. Il mio grafico a torta
sarebbe al limite del disfunzionale. Potrei vivere di sport.
Probabilmente lo farò, visto che i miei studi vanno in quela
direzione. Ma non voglio vivere per
lo sport. A 24 anni posso anche avere delle sere in cui il bilancio
della giornata è dettato da come e quanto mi sono allenato, ma non è
necessariamente ciò che voglio dalla mia vita, perché viene il
momento in cui consideri ciò che fai e cosa ti rimane? Niente. Per
me uomo che fa girare la sua vita intorno ad un'unica cosa
-individuale per di più- è, appunto, un uomo vuoto.
Relazionarsi
con un corridore è difficile, lo so. Perché anche il più espansivo
ha un'introversione di fondo, un angolo della sua mente a cui nessuno
può accedere, uno stato che lui stesso raggiunge solo mentre corre e
che è il suo piccolo inaccessibile mondo privato. La sua oasi
sicura, si potrebbe dire, ma per me è anche la mia balena bianca.
Perché
lasciarmi cullare troppo dallo stato di vuoto che si raggiunge
facendo sport è tanto bello quanto pericoloso. Significa assecondare
troppo un'indole vagamente riservata e solitaria, che a volte (sempre
più raramente, mi vien da dire ottimisticamente) è un maledetto
problema perché mi rende incapace di esprimere pensieri ed emozioni.
Per questo non voglio vivere per lo sport: perché forse mi verrebbe
quasi naturale (parlo di atteggiamento, non di risultati) ma sarebbe
un limite alla mia persona, una via di fuga più che di crescita. Mmm
forse ha ragione chi mi dice che dovrei trovarmi una ragazza (e io
devo smettere di dire che ne ho già una in alluminio: “l'unica che
mi tocca il culo”)
Ora
però è meglio che la smetta di sproloquiare a caso, eh.
Voglio
provare a buttar giù una lista di consigli, diretti tanto a me
stesso quanto a chi cerca di bilanciare lo sport con esigenze
lavorative e familiari, per superare l'egoismo dell'atleta.
- Condivisione
Do:
personalmente mi ha aiutato molto nel combattere la mia balena bianca
il condividere ciò che i piace fare, col blog e tutta la cagnara
dell'avventura del Tor. Probabilmente ho solo costretto tutti ad
accettare le mie follie e rassegnarsi, ma almeno spero di aver
strappato qualche risata a qualcuno
Don't:
una domanda fa piacere riceverla e ci sta rispondere con calore, ma
non è necessario intasare i social network con i tuoi giri e le foto
delle tue gare, tutte rigorosamente uguali. Non è necessario
trapanare il cervello a chi ti sta attorno con i tuoi iperbolici e
diabolici piani di allenamento.
- Non
stancarti troppo. Se lo scopo del tuo allenamento è arrivare così
devastato da restare in catalessi sul divano per tutto il giorno e
crollare addormentato alle dieci di sera, stai sbagliando qualcosa.
- Stai
attento alle “ore calde”. Conosci i momenti in cui NON è il caso
di andare a correre, di parlare della tua prossima gara, di pulire le
scarpe nel lavandino. Saltare la cena se è l'unico momento “sociale”
con la tua famiglia o con gli amici non è una grande idea; non
sparire prima del pranzo di natale quando aleggia lo spettro della
suocera sulla cucina; fai attenzione ai weekend: la tua
famiglia/fidanzata/il tuo cane potrebbero avere altri programmi
rispetto al tuo “6h POL 80:20”
- Commute.
Se sei disperatamente in cerca di chilometri, organizzati per andare
a lavoro di corsa o in bici. Tanto anche andando in moto o in
macchina arriveresti in ritardo.
-Non
lamentarti di quanto sei stanco, non voler sempre tornare a casa
presto la sera
- Lo
so che anche corsa e ciclismo sono a modo loro sport di squadra, ma
prima di trasformare il tuo club o il gruppo con cui ti alleni nella
tua seconda famiglia, assicurati che la prima sia d'accordo. Non
tenere (troppo) separati sport e vita privata, coinvolgi chi ti sta
intorno di tanto in tanto ma ricorda: aspettarti per ore al traguardo
del XV° Trofeo del salame potrebbe non essere ciò che la tua
ragazza o i tuoi figli si aspettavano quando gli avevi promesso che
sareste andati a mangiar fuori.
- Limita
l'agonismo folle a poche settimane all'anno. Non sparire ogni
domenica per tornare la sera dolorante e deluso; trasformare la tua
gara dell'anno (purché non sia il suddetto Trofeo del salame) in una
vacanza insieme può essere una bella idea, ma non usare tutte le tue
ferie per una TUA fissa.
E'
probabile che se leggi queste righe e hai già (o ancora) una
famiglia questa si sarà rassegnata. Ma ecco un invito
che può essere crudele come una pugnalata al cuore per chi è
abituato a seguire pedissequamente le sue tabelle di allenamento:
ogni tanto rallenta e coinvolgi altri nei tuoi giri. Correre è a
portata di quasi tutti e potresti usare la tua corsa di scarico per
coinvolgere tutti quelli che “da domani mi metto in forma”. Se
trasformi il tuo “allenamento di trail” in “gita” suona già
molto più abbordabile e, caro il mio Kilian Jornet dei poveri,
probabilmente dovrai rallentare meno di quel che ti illudi.
Ah,
un ultimo consiglio (e qui abbasso la voce):
minimizza sempre
l'importanza che la corsa ha nella tua vita e tranquillo, non dirò a
nessuno che il tuo grafico era così:
Blu: famiglia; Verde: lavoro; Rosso: sport&dieta; Giallo: altro |
Commenti
Posta un commento